E’ quasi il tramonto e Roma incanta gli occhi e
strega l’umore, la città rinasce in questo settembre ma resta pigra, distratta,
sbadata con i suoi lavori sempre in corso e il traffico rallentato. Odiare e
soffrire le code delle 18:00 sul Lungotevere è una di quelle cose che mi
rassicura, mi fa sentire a casa e parte di qualcosa, di una romanità troppo
spesso giudicata cafona e furbesca, io invece mentre guido con il Tevere sotto
di me e distruggo gli ammortizzatori della Smart su sanpietrini vecchi di 2000
anni, penso che essere di qui sia un privilegio. Perché Roma è sì scaduta e
disorganizzata, caciarona e puzzona ma è una città che sa stupire.
E’ una
bellezza sfacciata, ma non svampita che, quando meno te lo aspetti, come la
bionda dei tuoi sogni, oltre alla seduzione nasconde l’ironia, la battuta
sorniona e sempre azzeccata, l’intelligenza di chi ha visto tanto e forse
troppo, nasconde un potere assonnato ma scaltro e per questo eterno. Roma ti si
attacca dentro e ti cambia, ti rende più forte, ti rende più paziente, ti rende
speciale.