martedì 22 settembre 2015


Siamo cura e malattia. Una volta ho scritto questa frase, ma voglio essere onesta, non è mia l’ho rubata. L’ho rubata da una lettera che una password di facebook, che non avrei dovuto conoscere, mi ha concesso di leggere, la scriveva una ragazza sportiva, che si allenava tutti i giorni tra le lenzuola clandestine degli uomini delle altre. Voleva dimenticare un amore sbagliato ma la sua distrazione invece di salvarla l’aveva infettata, da cura era diventato malattia.

Quella frase mi ossessiona da allora, continuo a scriverla, a ripeterla quando posso perché sento che nonostante l’abbia abusata in tutti i modi concessi dal lessico italiano mi nasconde ancora qualcosa, continuo a non afferrarla, a restare mistero. Se una cura diventa malattia vuol dire che qualcosa cambia ad un certo punto, ma niente accade per caso. Forse noi siamo dei re mida al contrario, siamo gente che inquina con le proprie fragilità tutto quello tocca.  

La malattia ce l’hai dentro di te ecco cos’è, e mi dispiace signora Mazzantini ma non è vero che nessuno si salva da solo (nonostante abbia molto apprezzato il suo libro) non posso condividere il bel titolo ad effetto. Anche perché se tu vuoi rovinarti la vita può anche andar bene, ma chi ti autorizza a saccheggiare quella degli altri ?

Potrei e vorrei tirare giù una valanga di esempi, pagine di casi umani, donne e uomini talmente incasinati da farvi perdere la speranza della presenza nel mondo di qualche umano decente con cui fare progetti e figliare prole altrettanto decente. E dovreste perderla, perché così avreste uno stimolo, tutti, a restare soli e a pensare ad aggiustare quello che si è rotto chissà come e chissà quando o semplicemente che non vi è stato dato di serie invece che cercare qualcuno sballato quanto voi con cui nascondere nei piccoli drammi parodici di ogni giorno il vero dramma della vostra esistenza.

Perciò date una speranza al genere umano e non ascoltate la Mazzantini, salvatevi da soli, mischiare le vostre paure con quelle di un altro è un trucco che serve solo a confondere matrici e responsabilità, riscattate questa generazione di falliti emotivi e prendete di petto la vita, non nascondetevi, guardate negli occhi i vostri demoni e prendetevi il tempo che serve a combatterli, senza un plotone di pupazzi alle spalle, solo voi, un passo al giorno, una battaglia alla volta, riprendete a grandi mani i pezzi che vi mancavano dall’inizio, costruiteli se serve e tornate integri allora non ci sarà più posto per la compagnia qualunquista e opportunista ma  spazio per essere compagni di qualcuno altrettanto coraggioso.






domenica 13 settembre 2015



I bar per single, quelli con il bancone appesantito dai Cosmopolitan, quelli con il barman saggio con cui finisci a tirare nichelini in un bicchiere da whisky mentre confessi i drammi della tua anima nera, quelli dove mentre sei sola ad aspettare la tua amica si avvicina un figo della madonna e ti offre da bere, ecco quei posti là non ho mai pensato esistessero qui.

E invece sì, amici. Esistono, ma siamo in Italia, perciò rivedete un po’ i vostri standard e accontentativi, al posto di Ryan Gosling guru della rimorchiata alcolica in Crazy Stupid Love, di uno che assomiglia al massimo ad un Tiberio Timperi dei tempi d’oro.

Ma entriamo nel dettaglio. A Roma se siete alla ricerca di un single con cui condividere chiacchiere bugiarde e un paio di Moscow Mule allora il posto che cercate e Terrazza San Pancrazio: buco
a cielo aperto e arena da rimorchio per tutte le età.

Lo stile è aggressivo quasi quanto oltreoceano, uomini reduci da Ibiza o Formentera o posti così, ancora tiepidamente abbronzati, si fanno coraggiosi come fossero ancora in vacanza e si trovassero davanti, non un’italiana geneticamente predisposta a tirarsela quando gioca in casa, ma una bulgara bionda, leggera e giustamente libera di concedersi senza tante storie.
L’abbordaggio è squallido, maldestro; diretto e altrettanto sgraziato e monotono. Eppure… apprezzabile.

No, non ho sviluppato un insana e lasciva passione per i viscidi puttanieri ma quel teatrino di uomini affamati e pronti a combattere per una milf o una piccola hipster appena diplomata, me li ha resi simpatici. Si perché a San Pancrazio ho ritrovato un po’ di quella spavalderia machista che ci manca, manca a noi donne, fosse solo per usarla per deridervi con le amiche ma soprattutto manca a voi e al vostro genere ormai scaduto.

Signori io voglio aiutarvi, voglio darvi qualche piccolo consiglio per uscire da questi anni bui che hanno abbattuto il vostro sesso.

1. Ritrovate un po’ di palle. Provarci con una donna deve essere un rischio, vi devono sudare le mani, dovete passare la notte insonne a scervellarvi per sorprenderla perché lei è la vostra dea, è molto più di quello che avete mai pensato di meritare. Quindi puntare la chiattona con i pantaloni rosa porcello di OVS e svoltarci la serata non significa essere uno che ci sa fare, vuol dire essere un senza palle che va sul sicuro, che non conosce e mai conoscerà il vero brivido della conquista, la riuscita rampante e sfacciata di chi magari un po’ è inciampato, magari si è preso pure qualche no ma alla fine è arrivato in vetta.

2. Siate proattivi. Allora, se lo scrivete a manetta sul vostro curriculum e vi spaccate in quattro per dimostrare al vostro capo che siete un tipo creativo, saturo di idee e di desiderio di vivere non regredite a meba da muretto e birretta quando uscite fuori dalla vostra dimensione professionale. Basta essere scontati e abitudinari, ritrovate la voglia di stupire. State certi che se il vostro tentativo di approccio è ancora dal ‘98 l’abusata e poveraccia sfinita richiesta “ce l’hai una sigaretta?” che nessuna donna decente ve la darà, quella sigaretta. Impegnatevi, fateci ridere, e aggirate la monotonia, rompete gli schemi e dateci qualcosa di autentico.

3. Ricacciate il vostro lato femminile dove non può essere più ritrovato. Non dovete essere sensibili ed emotivi come noi, dovete essere semplici come è scritto nel vostro destino, elementari e diretti ma soprattutto dovete sopprimere l’idea e il falso mito dell’uomo che gioca a fare la donna e guadagna potere. Non pensate di essere più furbi di noi, di saper maneggiare tattiche e scenette meglio di chi ce l’ha nel sangue rischiate solo di essere noiosi, inutili. Perciò tornate ai vostri posti e preparatevi a compiere il vostro dovere.

Signori, in ultimo, dovete tornare a fare gli uomini, perché altrimenti noi non possiamo fare quello in cui siamo davvero brave, cioè essere donne.


sabato 29 agosto 2015







E’ quasi il tramonto e Roma incanta gli occhi e strega l’umore, la città rinasce in questo settembre ma resta pigra, distratta, sbadata con i suoi lavori sempre in corso e il traffico rallentato. Odiare e soffrire le code delle 18:00 sul Lungotevere è una di quelle cose che mi rassicura, mi fa sentire a casa e parte di qualcosa, di una romanità troppo spesso giudicata cafona e furbesca, io invece mentre guido con il Tevere sotto di me e distruggo gli ammortizzatori della Smart su sanpietrini vecchi di 2000 anni, penso che essere di qui sia un privilegio. Perché Roma è sì scaduta e disorganizzata, caciarona e puzzona ma è una città che sa stupire. 
E’ una bellezza sfacciata, ma non svampita che, quando meno te lo aspetti, come la bionda dei tuoi sogni, oltre alla seduzione nasconde l’ironia, la battuta sorniona e sempre azzeccata, l’intelligenza di chi ha visto tanto e forse troppo, nasconde un potere assonnato ma scaltro e per questo eterno. Roma ti si attacca dentro e ti cambia, ti rende più forte, ti rende più paziente, ti rende speciale.


lunedì 24 agosto 2015


Quando esci con qualcuno speri sempre che sia per lo meno “simpatico”, no, non nel senso di quando chiedi “è carino?” e la tua amica ti risponde “è tanto simpatico”, e nemmeno nel senso di quando ti ritrovi a dire “simpatico” ad un caso umano che passa il suo tempo a ridicolizzare se stesso giocando al giullare di corte.

Parlo di quando cerchi uno svago, un’ora leggera con uno che sappia tirarti fuori per lo meno una risata onesta, spensierata e cosa più importante vera. Poi succede che ad una risata, ne segue un’altra e un’altra ancora e lui tiene il tempo di quell’ironia serrata, brillante, intelligente come se non sapesse fare altro, come fosse un mestiere e se arrivate a quel punto, allora, dovete iniziare a preoccuparvi. Non perché banalmente come tutte le cose seducenti crea dipendenza ma perché chi pratica l’ironia, chi non può fare a meno di ridisegnare la realtà, svilirla e innalzarla con i suoi punti di vista scioccati e brillanti è una persona pericolosa.

Le persone ironiche sono diverse, hanno la capacità di smuovere l’umore degli altri sperando di distrarli, sperando di difendersi grazie al potere innato di saper ridicolizzare la banalità come l’eccellenza e il sublime. L’ironia è l’arma dei cervellotici, dei pensatori che si sono sporcati le mani con la vita e non sanno ancora se ne sono i re o le vittime. L’ironia è una droga, un riflesso incondizionato, uno spasmo involontario, che nasconde tutto, mistifica tutto perfino la rabbia più nera, basta concentrarsi sul tempo, incastrare le battute, aspettare la reazione dell’altro e ricominciare, sempre più sottili, sempre più potenti.


Quindi amiche se incontrate un uomo che sa davvero farvi ridere iniziate a preoccuparvi.



venerdì 31 luglio 2015



Le mode sono riciclabili, tornano sempre. La vita alta, il pied de poule, la jumpsuit, riusciamo a resuscitare quasi tutto, anche quello che davvero dovremmo lasciar morire inghiottito dall’oblio del passato. Un esempio a caso: la collana di plastica Choker effetto tattoo passione proibita e trasgressiva delle teenager anni 90 oltre che gadget ricercatissimo, artefice della fortuna di riviste quali Cioè e Top Girl ora must per fashion blogger affermate che hanno il buon gusto e il coraggio di abbinarla ad una Birkin e un vestitino di Balmain.

Poi ci sono quelle cose che non tornano, perché non passano mai di moda, ma cambiano nome, quello si. Alla domanda triste ma inflazionatissima quali sono i tuoi hobby,le tue passioni, prima, tutti avremmo risposto: “uscire con i miei amici, leggere” per i più colti e poi “VIAGGIARE.” Ecco questa risposta qui non ha mai visto declino, non è mai stata surclassata da altre varianti più creative e coraggiose perché nessuno si sognerebbe mai di non amare viaggiare, e di non farne una qualità apprezzabile e spendibile solo che ora si utilizza la parola WANDERLUST.





Wanderlust significa alla lettera desiderio di viaggiare, di fare di nuove esperienze, vedere nuovi posti e vivere la libertà e l'emozione di essere stranieri. Wanderlust è uno stile di vita, è quell’inclinazione alla fuga che ti riempie e sembra renderti degno agli occhi degli altri e anche ai tuoi quando alla fine della giornata tiri le somme e fai il bilancio di come hai speso il tuo tempo.


Viaggiare sembra sempre una cosa fica, se uno vi dicesse di aver pregato chissà quale divinità in un tempio shintoista di Nagoya, di aver cantato the Scientist insieme a Chris Martin al Green Point Stadium di Cape Town, dormito in un appartamento impregnato di puzza di curry e spezie a Bethnal Green, incontrato l’amore di un’ora in un club di Ibiza, bevuto champagne ad un gala dinner del Four Seasons di Santa Barbara, vinto una gara di go kart su una pista di Cape Canaveral e bevuto mate a Santiago del Cile in casa di un’argentina di Mendoza voi cosa direste? Che fico! Ovviamente.




E invece no! Cioè non è detto che fai tutte queste cose per il motivo giusto. E non parlo del bisogno di evasione, della fuga dalla realtà quella è l’essenza della partenza e del viaggio, parlo di chi oltrepassa i limiti solo per raccontarlo, di chi pensa al premio, al raggiungimento di una meta che può essere un post su un blog, uno spunto per un articolo, un bel raccontino per svoltare una serata con una donna.

Certe cose la gente le fa solo per raccontarle, per spuntare un riga dalla lista, per assemblare il profilo della vita perfetta e della persona interessante, pochi sanno ancora perdersi, godersi il senso e la pienezza di un attimo che ha la sua ragion d’essere nel suo esaurimento. I viaggi dovrebbero essere senza memoria e senza album su Facebook, dovrebbero essere una scoperta e mai una conquista, un’occasione, un’ascia per il mare ghiacciato che abbiamo dentro, un casino e non l’episodio incorniciato da riportare a casa. Un viaggio deve essere un rischio e deve essere onesto, come la vita e come quella deve essere solo tuo.

"Not all those who wander are lost"





 
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