mercoledì 29 ottobre 2014








La misura è sempre stata mia nemica. L’equilibrio e la sobrietà sono vita o morte ? Ancora non l’ho deciso, ancora non so se sfuggire dalla sregolatezza è qualcosa di cui andar fieri.

Finiremo uccisi dall’età adulta, dalla routine, dall’abitudine. Finiremo vecchi e stanchi appoggiati su un divano, con la Barbara D’Urso dei tempi nuovi a tenerci compagnia insieme ad un amore consumato, fraterno, ormai ordinario che ingombra il cuscino accanto al nostro.

E come ci si salva ? Come si sopravvive al tempo ? Ad un noi che non sa più di novità ? che non nasconde rischi, che è conosciuto e ormai discreto, silenzioso e maledettamente educato.

Come si fa a non cadere nell’errore, nell’adrenalina bugiarda e ammaliante regalata da un estraneo ? Come si trasforma il bagaglio ingombrante del passato in un tesoro ?




Alcuni si rifugiano in un amore tossico, in uno di quelli che ti avvelena l’umore ma ti tiene vivo, ti consente di sbagliare, perché la vera essenza di quel rapporto è la ferita: ricucita e riaperta volta dopo volta, solo per il gusto della deviazione e del dramma.  Ma anche qui dal corso monotono degli eventi non scappi.

C’è chi cresce, capisce e impara, scopre e raggiunge, fino a sentirsi migliore degli altri, fino a fare della mortalità e della rettitudine una forma di vanità. La correttezza guida le sue giornate come la fede, è cieco ma obbediente, perfetto e vincente ma pieno di se stesso e estraneo alla bellezza della condivisione, all’imprevisto dell’emozione non corrotta dalla ragione.

Altri ancora allontanano la prigione della costanza affrontando un giorno alla volta, evitando grandi impegni per custodire una possibilità, quella di stravolgere tutto e correre via lontano, liberi. Senza però rinascere davvero cercano banalmente un’altra evasione, un altro limbo, un altro inganno sicuro, rimanendo sempre gli stessi.






E allora come ci si salva ? Forse basta credere, basta credere di essere l’eccezione e non la regola, di essere speciali, per qualcuno funziona.


Cercate di essere quel qualcuno. Non accontentatevi di niente di meno.




giovedì 2 ottobre 2014






La terra gira, il tempo passa e la vita scorre.

Non siamo destinati a rimanere fermi eppure c’è chi punta i piedi e decide di restare. Restare incagliato in un sempre rassicurante, conosciuto, familiare.

C’è chi cammina, si trascina a fatica e guadagna un passo alla volta il futuro, senza fretta, ma con costanza e fiducia.

E poi c’è chi è nato per correre, chi allena gambe e fiato giorno dopo giorno solo perché ha fame di orizzonti e asseconda la vita, la spreme e cerca invano di dominarla. Non si arrende e combatte per non perdere attimi, possibilità, scoperte, sempre teso verso la meta ultima: il massimo, l’eccellenza.

Io tifo per loro, per i corridori instancabili, anche se l’obbiettivo è fumoso, una promessa mai esaudita. Io tifo per loro perché corrono ma non sanno rincorrere, non sanno subire, non sanno accontentarsi di niente meno di quello che stanno davvero cercando. Tifo per loro perché negano il compromesso, e osano pretendere anche quando non hanno più aria nei polmoni anche quando fermarsi vorrebbe dire salvarsi, evitare di scivolare nel baratro, preservare il cuore e vivere di pace.

Io tifo per loro perché nonostante la grande paura dell’ignoto non restano sedotti dal già visto e saltano, alcuni  addirittura con la rincorsa.




 
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